Cos’è il fare? Hai mai osservato le tue azioni, in quale modo partecipi alla vita? Nel tuo dedicarti al fare, tu ci sei? Sei presente in ciò che fai? Quello che fai, lo fai perché ne senti il dovere, e quindi resti separata/o dal gesto, oppure respiri l’unità della mente con le mani? Che tipo di sentimenti ed emozioni vivi in quell’atto? In quale rapporto sei con le cose? Come ci stai?
Non è molto importante quello che facciamo, ma come lo facciamo.
Se noi stiamo dentro l’azione, se siamo presenti, e se diamo un valore a ciò che stiamo facendo, qualunque cosa facciamo, anche la più umile, è sacra.
Allora il fare le cose quotidiane diventa un fatto fuori dall’ordinario. Perché? perché è uno scoprirti nell’atto, un modo di esplorarti nel gesto, se ci sei, non ci sei, come ci sei, se ti piace ciò che fai o non ti piace. Scoprire la bellezza del tuo gesto e dell’oggetto che incontri nel tuo gesto.
A quel punto cominci a vivere una vita significativa, consapevole, attenta e non di superficie, e in quell’atto sei riconsegnata/o a te stessa/o.
Tuttavia, per riappropriarsi di sé, occorre essere nella presenza e in profondo ascolto dell’esistente.
Occorre recuperare il rapporto con l’interno e il tuo modo di essere nel mondo. Altrimenti lasci che cada dalle tue mani il filo che li collega entrambi e con esso la gioia e la curiosità esplorativa e conoscitiva del sé e della realtà.
Occorre incontrare la vita attraverso l’agire consapevole privo di automatismi, e della routine in cui tu ti svuoti, e creare uno spazio intimo dove ritrovarti come risorsa e valore.
Tuttavia, per attuare questa rivoluzione, è importante che il tuo io ritorni ad essere flessibile, morbido, permeabile e capace di esplorarsi, conoscersi, porsi domande, sperimentarsi ogni giorno in modo nuovo. In tal senso potrà crescere il suo entusiasmo per l’esistenza e sarà in grado di stabilire un contatto autentico con essa.
Si racconta che Gandhi obbligò sua moglie a pulire le latrine e che lei si rifiutò per il fatto che quello era il ruolo della casta inferiore, quella degli intoccabili. Gandhi le disse che se si fosse rifiutata a svolgere quella mansione poteva andarsene dall’ashram in quello stesso momento.
Il suo intento, seppur severo, non era solamente quello di insegnare alla moglie di mettersi al posto degli ultimi, ed essere da esempio a quelli che volevano mantenere con tutte le loro forze la rigida separazione del popolo indiano in caste, ma per insegnare che l’Anima non ha preferenze, ogni cosa è sacra all’Anima, se la si fa con amore, attenzione, consapevolezza e presenza.
Lasciarti penetrare profondamente da questo insegnamento, sarà occasione di vita nuova e l’acquisizione di uno spessore così forte, da irradiare nel mondo come luce di verità e interezza.
Ma per raggiungere questo livello del tuo essere occorre avere una forte motivazione: l’amore per te stessa/o e per la conoscenza.
L’amore di sé è qualcosa che nasce da dentro quando non ci sono troppi rumori; in quello spazio sacro dove ci sei solo tu, nel silenzio che tu sei, nel tuo vero silenzio.
È ricongiungerti a te stessa/o, saperti preziosa/o, comprendere che all’interno della creazione porti la tua unicità e che è importante.
Ma se tu manchi a te stessa/o e superficializzi le azioni, vanifichi questa possibilità, e l’Universo possiede qualcosa in meno.
Quindi è un atto di responsabilità non solo verso se stessi, ma nei confronti del Tutto, che attraverso di te evolve. Comprendi quanto siamo importanti? Quanta importanza hai, quanto valore hai, quanta ricchezza hai dentro?
Una mente attenta a quello che fa, a come lo fa, mentre lo fa è libera di creare consapevolezza e qualità di vita.
Ogni forma di indolenza viene spazzata via quando vivi nella presenza. Sai cogliere nel movimento della vita la tua impronta. Scorgi nel fare il tuo essere, la tua qualità, il tuo stile, la tua competenza .
Quando sei presente sei dentro qualunque cosa, hai una mente sveglia, attenta, percettiva e meravigliosamente viva.
Le tue mani diventano maestre nel toccare la materia e trasformarla in coscienza. Esse profumano di senso e libertà interiore; non cercano la perfezione del gesto, ma l’estro, l’attimo, la tua apertura mentale, la tua capacità intuitiva e ricettiva. Cercano l’alto, il dialogo con l’alto, che è il dialogo con l’Anima, e il tuo abbraccio inclusivo che annulla ogni separazione e si espande per contenere il mondo, che è il campo della tua rappresentazione.
La tua diversità è un punto di forza
La tua diversità è un punto di forza.
Gridala a gran voce, falla sentire sulla pelle degli altri, lascia che la sfiorino, la saggino, ne facciano esperienza, sia che la scaraventino dalla parte opposta della via o che la accolgano come il dono di un linguaggio nuovo, che impreziosisce il loro essere.
Sappi tenere fede al tuo seme, poiché è la tua essenza che spinge alla sua espressione.
Nell’Universo non c’è nulla che sia uguale ad altra cosa, poiché siamo parte di un movimento creativo eterno e unico, che mai si ripete.
Una coralità, che per essere tale, deve integrare le diverse voci; suoni che hanno un potere di realtà solida, idee incarnate della Coscienza Superiore.
Rivolgi il tuo sguardo verso i tuoi luoghi interiori, giungi a te stessa/o e non sostare nello spazio altrui.
Esci dalla via consueta, allontanati da chi ti vuole conforme, adattata/o, piegata/o al pensiero pensato e vittima dell’intento comune.
La tua unicità è un valore per il mondo, sei una sfumatura di colore da proteggere, una ricchezza di contenuti ed esperienze da accogliere e l’alveo nel quale l’altro può imparare e crescere.
Non importa in quale modo, se per attrito o risonanza, la tua energia, comunque, viaggia, incontra, muove e smuove, attrae e respinge.
Cosa?
I piccoli regni umani circondati da alte mura e fossi, dove è difficile penetrare e portare il fuoco della differenza.
Ma tu non retrocedere e, con grazia di comportamento, sii quello che sei, semplicemente.
Lascia che sia il potere della tua essenza a presentarti, e li commuova, li stupisca, se sono sufficientemente aperti, oppure li faccia saltare dalle loro sedie, se toccati nel profondo da ciò che esprimi.
Tu sei un pensiero originale, che nasce dal campo illimitato dell’Essere, intuito, esplorato, vissuto.
Un miracolo della natura, che si rinnova lasciando sorgere nuove parti di sé e un nuovo modo di intendere il mondo.
Lascia che la realtà esterna perda la sua nitidezza e concentrati sul tuo sbocciare, dai vita al tuo potere realizzativo e rivela la forza interiore del tuo cuore aperto.
Resta nella tua spaziosa e indipendente solitudine, nei tempi vivi dei tuoi ritmi, in quel campo da cui zampilla sempre nuova coscienza, ininterrottamente, e modifica prospettive ristrette, le tue, quando non sei il tuo punto di riferimento, ma lasci agli altri il diritto di sollevare i loro interrogativi e di porre fine al tuo splendore.
La tua vera diversità non consiste solo nel seme che germoglierà come sacra espressione della tua unicità, ma nella capace mutevolezza del tuo essere, e libera rivoluzione interiore.
Nel suo sovvertire le vecchie strutture ti rinnova e acquisti profondità e autenticità. Ti avvicini sempre di più alla tua vera modalità espressiva e ti allontani dalla stretta morsa delle verità parziali, che non raccontano chi sei, ma descrivono le altrui esperienze, totalitarie, assolute, definitive.
La meraviglia del tuo lasciarti accadere, muove i tuoi passi verso il futuro e risale la Sorgente per incontrare la tua visione e farne esperienza spirituale e istante magico della tua creazione.
Sostieni la tua grande opera, concepisci il tuo tratto distintivo come la preziosità che in te dimora.
Spingi con forza tutto il tuo essere alla sua realizzazione e dimentica te stessa/o ad ogni passo compiuto per farti sempre nuova/o.
Danza la tua vita come se non ci fosse nessuno, fanne la tua preghiera e il tuo rito sacro. E rilassati in quell’eterno divenire senza i plausi di chi approva e gli sguardi di chi avversa.
Sii nella tua totale presenza nell’azione e immersa/o nel silenzio consapevole senza scelta.
Sii naturalmente semplice e attendi con fiducia lo sgorgare della tua vera natura. Non cercare di dimostrare chi sei, ma sii la tua pienezza, senza sforzo alcuno.
Lascia respirare il tuo vero volto e privalo delle maschere che lo vorrebbero più simile al mondo.
Non accettare nessuna conclusione di te stessa/o perché tu possa stupirti nello scoprire che non c’è limite espressivo alla tua bellezza.
La gentilezza
La gentilezza è l’affermazione culminante della cura, che emerge quando siamo aperti nei confronti di tutta la creazione.
Quando il nostro cuore è gentile rivolge la sua attenzione non solo a sé, ma all’intero Universo. Si muove con delicatezza e sensibilità nell’incontro con l’altro, e mentre percepisce il suo nucleo interno, si avvicina con rispetto, in punta di piedi, senza creare turbamento o sensazione di invasione.
La gentilezza è il protendere verso la bellezza in sé delle cose del mondo, senza sciupare e violentare l’innocenza che risiede in ogni oggetto della natura; è un‘offerta di raffinata premura, di presenza amorevole e una disponibilità che non si ritira neanche di fronte all’incongruenza.
Essere gentili è un’arte che si impara cominciando da se stessi, e può nascere nel momento in cui ci rendiamo consapevoli del nostro valore di essere umani.
Ogni individuo è una totalità potenziale, che emerge attraverso un processo di integrazione degli aspetti che contribuiscono alla complessità del suo essere. Se riconosciamo e accettiamo ogni frequenza che abita al nostro interno, siamo in contatto con la parte più gentile di noi, quella più accogliente. Siamo pazienti e generosi con noi stessi e stabiliamo un’autentica relazione, un dialogo profondo che coglie la forma più sottile della resa, quella di vincere la tentazione di accettare solo quello che sostiene la nostra idea di sé e di allontanare decisamente quello che può metterla in pericolo.
La gentilezza possiede il profumo della risoluzione dei disaccordi interni, una fragranza di soave armonia entro la quale risiede il suo intimo potere.
Quando siamo avvinti dal suo calore è facile per noi porgere la mano all’altro, essere solleciti a risollevarlo rimanendo semplicemente in ascolto. Se da essa siamo stati riconsegnati alla nostra interezza, siamo in grado di vederla negli altri e accogliere le zone buie che altrimenti scorgeremmo come proiezioni delle nostre ombre irrisolte.
La gentilezza è morbida, flessibile, cedevole, accorta, paziente; è la forza che concilia ogni incomprensione e l’amorevolezza che cura. È connessione e comunione, non ha confini, non è separativa, non è giudicante, e agisce nell’assenza di sé.
La gentilezza è la precisione del gesto quando non scivola indifferente e indolente, ma si sofferma. Gusta l’istante nella profondità dello sguardo che non superficializza l’azione, coglie i dettagli, le sfumature di cui poi diventa l’artefice consapevole.
Elegantemente sicura di sé danza sulla vita e si posa su di essa e sfiora, e accarezza, e nutre, e poi danza e si muove ancora, leggera ed estatica, autentica ed eterna.
Nella gentilezza scopriamo la lentezza sapiente dei gesti, la spaziosità del cuore quando è vuoto di contenuti; la naturalezza del vivere; essa è la presenza di fronte alla reale natura delle cose, in assoluto ascolto, aperta e libera.
Oggi la gentilezza è un lusso che pochi possono ancora permettersi. La vita ci ha scagliati prepotentemente contro la follia dello sviluppo veloce, e resi vittime del tempo che fugge. La comunicazione è diventata priva di profondità, frettolosa, sciatta, disordinata, confusa, egocentrica, molto spesso aggressiva, reattiva, e conserva dentro di sé l’idea segreta di oggettivare l’altro per raggiungere una qualche forma di piacere.
Abbiamo dato il nostro assenso a rubarci il significato della nostra stessa vita, è successo senza che ce ne accorgessimo, siamo stati d’accordo perché abbiamo creduto ad una promessa di felicità separatamente individuale e questo ci ha isolati dalla totalità e ha generato violenza nel nostro sistema.
Abbiamo dimenticato che il cuore è inclusivo e nutre, ama e guarisce sempre ciò che avvicina. E il suo segreto riposto incita la personalità al ricordo e verso l’urgenza della scelta, così da poter recuperare il tempo sottratto, rallentare il cammino, coltivare un atteggiamento quieto e concentrato, e lasciare che l’amabile gentilezza caratterizzi e rivitalizzi la nostra esistenza.
Piccole cose, fanno grandi i nostri giorni, li rendono poetici e fecondi, e macerano strati di ferite per farne humus dentro il quale piantare i semi della nostra nuova vita.